Cos’è rimasto di Garibaldi in questa Italia senza memoria e senza senso delle istituzioni, dove l’unità sognata non si è mai davvero realizzata? Con la sua penna affilata e il suo cuore garibaldino, Rumiz si mette in viaggio alla ricerca delle camicie rosse, quelle di ieri ma soprattutto quelle di oggi.
“Garibaldi non è i mille monumenti in bronzo o le strade a lui intitolate. È questa topografia corsara, disseminata nella provincia”: casa Guiccioli, la fattoria dove morì Anita, le lapidi romagnole della fuga e dei rifugi, il castello di Besozzo, Castelvetrano, porto Empedocle (con Andrea Camilleri), Bronte, Caprera, le note de La bela Gigogin... Di questa Italia, spesso disillusa e rassegnata, ma anche ricca di un’insospettabile energia civica, Rumiz ha attraversato città, borghi e luoghi-simbolo, fra riflessioni storiche, considerazioni politiche e incontri con “uomini e donne con la schiena dritta”. A spingerlo a rileggere questo viaggio, le centinaia di lettere ricevute che esortano a non cedere allo smantellamento del mito, a ridare forza a quel simbolo risorgimentale di libertà, giustizia e ribellione, e a rileggere il Paese, le sue divisioni, le sue contraddizioni e la memoria storica che tende a svaporare.
Con indosso una camicia rossa cucita apposta per la traversata dello Stivale, Rumiz si fa protagonista di questa rievocazione avventurosa con vere e proprie azioni garibaldine, come quando si inerpica con dei complici veneti su una ciminiera di Montecchio Maggiore per appendere a sventolare un’enorme bandiera tricolore, eludendo “il controllo” degli Anti-italiani. E alla fine chiude questo Canto immaginando la lettera che Garibaldi scriverebbe oggi ai nostri politici.
Lettori e lettrici si trovano trasportati in un viaggio pieno di sorprese, “spassoso, a tratti goliardico”, un viaggio che è tanto fisico quanto spirituale. Fra riferimenti letterari, storici, simbolici che si rifanno a una tradizione risorgimentale di coraggio e visione, Bella e perduta è un’opera appassionata e, qualità ormai rarissima, capace di unire.
Paolo Rumiz (Trieste, 1947) ha scritto – in gran parte per l’editore Feltrinelli – più di trenta libri, di cui molti dedicati all’esplorazione dei territori. Fra questi ricordiamo: Tre uomini in bicicletta (2002), È Oriente (2003), La leggenda dei monti naviganti (2007), La cotogna di Istanbul (2010; nuova edizione, 2015; Audiolibri “Emons-Feltrinelli”, 2011), Trans Europa Express (2012), Appia (con Riccardo Carnovalini, 2016), Il filo infinito. Viaggio alle radici d’Europa (2019), Il veliero sul tetto. Appunti per una clausura (2020), Canto per Europa (2022; con le illustrazioni di Cosimo Miorelli), Una voce dal Profondo (2023), Verranno di notte. Lo spettro della barbarie in Europa (2024). È stato tradotto in America, Francia, Germania, Spagna, Polonia e Paesi dell’ex Jugoslavia. Nel 2024 vince il premio Campiello alla carriera.
Dialoga con l'autore: Daniele Rocchetti, direttore artistico della Fiera dei Librai Bergamo
L'incontro sarà introdotto dai musicisti del Gruppo Enerbia con Maddalena Scagnelli, Franci Guglielmetti e Nicola Rulli




Lo abbiamo chiesto a Paolo Rumiz, autore del libro appena uscito per Feltrinelli “Bella e perduta. Canto dell’Italia Garibaldina”, che ripercorre un viaggio dell’autore alla ricerca dello spirito civile e ribelle che un tempo animava il Paese.